Era il 2012, lo ricordo ancora quel giorno anche se non ricordo che mese fosse, ma era in primavera, questo me lo ricordo bene…

Mi ero appena svegliata, non avevo ne fame, ne sete, sentivo solo una sensazione di irrequietezza mista ad una dolce inquietudine. Avvertivo la chiara sensazione di dover sedermi alla scrivania e scrivere, scrivere e scrivere. Non mi era mai capitata una cosa del genere, la necessità di dover a tutti i costi mettere su carta tutti quei pensieri che assalivano prepotentemente la mia mente assorbendone tutta l’attenzione.

Ricordo che scrissi per ore e ore senza sosta. Ad ogni parola ne seguiva un’altra senza alcuna fatica, non dovevo ragionare su come e quanto io volessi dire, perché i concetti, le frasi e la punteggiatura attraversavano velocemente tutte le mie fibre nervose fino a raggiungere la punta delle dita che sempre più velocemente saltellavano tra i tasti del computer.

Parlando di tasti, qualche tempo prima, al pianoforte creai cinque brani che ancora non sapevo fossero destinati a completare quelle parole, alternandosi in un dialogo tra suoni e parole che solo in un secondo momento compresi facessero parte di un tutto. Quel tutto ho sentito di doverlo chiamare “Viaggio nell’Anima”, un vero e proprio percorso interiore che andava a passo spedito tra le varie emozioni che ho immaginato appartenere ad ogni essere umano, unito l’uno all’altro dalle proprie fragilità, paure e insicurezze.

Mentre ricomponevo il tutto, vedendolo nel suo insieme mi accorgevo che ogni crepa dell’anima era uno spiraglio di luce, di forza e di speranza, quella speranza che è insita nella natura dell’esistenza con tutte le sue contraddizioni… ma in fondo, senza contraddizioni quanto sarebbe noiosa la vita?